Un uomo, una donna un
giorno qualunque, speciale per loro, si incontrano, si innamorano. Passano i
giorni, gli anni, l’amore (era amore?) finisce, l’equilibrio, l’armonia fra i
due si interrompe. L’uomo e la donna sono diversi, anche quando un equilibrio non
c’è più la donne se ne inventa uno, per se stessa, per i figli, per
sopravvivere, addirittura per quell’uomo che una volta la amava e adesso invece
la riempie di botte, la insegue ovunque per regalarle paure, minacce e tutto
questo per un periodo sempre troppo lungo. Se parla, se denuncia la ascoltano
ma la storia non cambia. Le botte si fanno sempre più dure, insostenibili. La
donna ha paura. Prima denunciava, poi non lo fa più. E’ disperata, la vita non
è più vita, non ce la fa più e un giorno decide che basta, che la sua vita la
voleva diversa e qualche minuto dopo questa decisione la sua vita finisce. E’
una storia recente, non voluta ma subita dalla vittima. Un paese, una nazione
la si definisce civile qualora ci siano delle leggi che tutelano le vittime, in
questo caso specifico le donne, dagli abusi e dalle violenze il più delle volte
domestiche. A questo punto possiamo dichiarare che il nostro paese non lo è. Ci
indigniamo quando sentiamo parlare di tanti paesi dove i diritti civili sono
calpestati, ma non ci indigniamo a sufficienza per modificare leggi troppo
leggere nei confronti di questi carnefici. Mi auguro che chi ci governa sappia
essere giusto e coraggioso nel dire basta a questo massacro quotidiano fino ad
ora sottovalutato.
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